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12 November 2019

Cipolla, versatile musa dei proverbi popolari

L’esuberante bulbo ha percorso la storia grazie alla sua semplicità e ha accompagnato gli insegnamenti della tradizione in ogni regione italiana

La cipolla protagonista della tradizione popolare

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La cipolla ovunque vai la trovi. E non solo in cucina. Bianca, dorata o rossa la signora dalle grandi doti è protagonista della tradizione popolare anche nei proverbi e nei modi di dire. Dal Piemonte alla Sicilia la saggezza popolare non dimentica le caratteristiche del dolce bulbo e le esalta con detti che hanno sempre qualcosa da insegnare, oltre che da raccontare. Spesso, tra le parole, si riconoscono abitudini del passato, sottili allusioni, ironia e anche la perla di saggezza che non manca mai nei detti popolari. Così la cipolla diventa metafora di vita, piena di doti, delicata e semplice, simile a una donna e capace di scatenare le lacrime.

In Piemonte “fésse brusé j’euj con le siole dj’àotri”, farsi bruciare gli occhi con le cipolle degli altri, non è gran cosa. Significa finire in mezzo a grane altrui. In Liguria si dice che “o meize de çiòule o ven pe tûtti”, il mese delle cipolle viene per tutti. Anche in questo caso l’allusione è all’inevitabile effetto lacrimogeno delle cipolle.

“A capa è ‘na sfoglia ‘e cipolla”, la testa è una sfoglia di cipolla, dicono in Campania. In questo caso la cipolla è paragonata alla testa, alla mente dell’uomo, fragile e sottile. Basta quindi un piccolo episodio per farci cambiare umore o decisione. In Veneto “do femene e na séola fa un marcà”, due donne e una cipolla fanno un mercato. L’allusione alla capacità femminile di fare confusione. Nei detti toscani “chi è uso alle cipolle, non vada a’ pasticci” o “chi ha vitella in tavola non mangia cipolla” si allude agli inconvenienti che nascono dal mescolare insieme condizioni disuguali, ricchi e poveri. Storicamente la cipolla è sempre stato un alimento povero per cui l’invito ai meno abbienti era quello di accontentarsi di ciò che si aveva a disposizione.

Ci sono poi i consigli popolari come quello pugliese “ci manci cipuddhra te vene la uce”, se mangi cipolla ti torna la voce, che ricorda il consiglio della nonna di mangiare cipolla per migliorare la salute e combattere il mal di gola. Non a caso in passato era d’uso comune utilizzare il bulbo per combattere il raffreddore. La sua azione vasodilatatrice era riconosciuta come un ottimo toccasana capace di abbassare la pressione arteriosa nel sangue. La dolce cipolla era anche consigliata per i problemi di stomaco: “Ci lu stommicu bonu ole cu staje cipuddhra e tiaulicchiu aje te manciare”, se lo stomaco bene vuole stare cipolla e peperoncino deve mangiare. E infatti la cipolla svolge un’azione protettiva per lo stomaco, mentre il peperoncino, con la presenza della capsaicina, favorisce la secrezione dei succhi gastrici e quindi aiuta la digestione.

La cipolla è sempre stata considerata un alimento povero e semplice e molti detti e proverbi si legano all’aspetto sociale. In Calabria, ad esempio, si dice “Pani e cipuja è mangiari da ‘gnura”, pane e cipolla è mangiare da signora, un modo di dire che vuole evidenziare la dignità nella povertà o, in Molise “Pane e cepolla a la casa teja”, pane e cipolla a casa tua. Il dolce bulbo ha percorso la storia mostrando, anche nelle testimonianze orali, la sua versatilità come messaggera, capace di parlare un linguaggio comune e condiviso.